Le Arboree Volanti di Simone Berti

“La natura ha la sua pittura, la sua architettura, la sua scoltura, la sua musica.
La natura ha grotteschi, arabeschi, e altri strani scherzi”. (Novalis)

Quando le Arboree Volanti di Simone Berti sono apparse a Milano eravamo da poco usciti dal lockdown. La città rimasta semideserta per tre mesi, l’idea della realtà aumentata si è palesata come una possibile alternativa a una realtà diventata troppo limitata. Abbiamo visto tantissimi progetti digitali dipanarsi sul web: musei, istituzioni e spazi per l’arte hanno cercato nuove strade per rendere fruibile l’arte fuori dagli spazi convenzionali. E anche molti artisti hanno usato nuovi linguaggi come quello della realtà aumentata per coinvolgere il loro pubblico in un modo nuovo; ricordiamo tra l’altro il progetto di Olafur Eliasson presentato pochi mesi prima o quello di Jeff Koons del 2019, per citarne alcuni.
Abbiamo cercato strategie per portare avanti un discorso sull’arte, ma intanto la natura si è ripresa un po’ alla volta il suo spazio, che si trattasse di erbe infestanti in una piccola aiuola spartitraffico o di uccelli inconsueti a ripopolare gli alberi cittadini. Mentre cresceva il desiderio di evadere dalla dimensione urbana e ritrovare uno spazio più vivibile a contatto con questa natura, lei faceva capolino con più vigore del solito anche negli spazi urbani.
L’idea di utilizzare la tecnologia, l’artificio più artificiale che c’è, per popolare un immaginario virtuale di creature a metà tra vegetali e tecnologiche, in un momento in cui il timore di ripopolare le strade della città era ancora presente, mi è sembrato fin da subito un piacevole invito a estroflettere la percezione del mondo, divenuto in quel momento stretto, nella sua accezione fisica, come difficilmente avremmo potuto immaginare prima della pandemia.
Ho preso la mia bici e sono corsa nello spazio aperto per vedere attraverso lo schermo dello smartphone quelle creature fantastiche progettate da Simone Berti con interventi di Patrick Tuttofuoco, Thomas Braida e Genuardi Ruta. Ed è stato proprio quello schermo, da tre mesi angusta finestra sul mondo, ad aprire una prospettiva eccezionale. Radici arboree che si trasformano in cannoni e sparano sopra la mia testa o mandala di foglie tropicali che volteggiano nel cielo come fossero ufo prendono le sembianze di chimerici assemblaggi virtuali tra pittura e scultura.

 

Simone Berti, 4 immagini del progetto Arboree Volanti, oggetti 3D in realtà aumentata, Milano, 2020. Courtesy Atelier Simone Berti. Dall’alto in senso orario: Arborea Verde; Arborea Ascensore; Arborea Blu Pavone; Arborea Marrone
Simone Berti, 4 immagini del progetto Arboree Volanti, oggetti 3D in realtà aumentata, Milano, 2020. Courtesy Atelier Simone Berti. Dall’alto in senso orario: Arborea VerdeArborea AscensoreArborea Blu PavoneArborea Marrone

 

In questo lavoro Berti coniuga la dimensione artificiale che permea sempre più le nostre vite e una fantastica e rigogliosa profusione di forme di vita vegetali che si staccano dal suolo e abitano i nostri cieli. Dal XIX secolo l’uomo ha cominciato a fantasticare su altri mondi possibili, extraterrestri o futuristici, senza mai accorgersi che quel poco che sappiamo delle forme di vita che abitano il nostro pianeta, le piante, sono così misteriose e sofisticate da diventare esse stesse fonte di ispirazione per la nostra immaginazione. Monstere che cambiano forma a ogni passaggio evolutivo solo per raggiungere qualche raggio di luce in più sui vertiginosi alberi tropicali, drosere che sopravvivono in terreni inadatti imparando a nutrirsi di altre fonti d’azoto come gli insetti, sensitive, come la mimosa pudica, che reagiscono istantaneamente al tatto per motivi che non sappiamo ancora oggi del tutto spiegare, tillandsie che respirano acqua dall’aria. Ognuna di queste forme viventi, insieme a molte altre, ci ricorda quanto poco sappiamo delle logiche che governano la realtà che abitiamo e che forse potremmo fantasticare sull’ibridazione tecnologica con le piante come facciamo con l’intelligenza artificiale – per citare Stefano Mancuso.
Le Arboree Volanti vivono in una realtà aumentata, virtuale, ma amplificano la realtà fisica insinuandosi proprio, come alcune specie vegetali, tra le fessure degli agglomerati architettonici. Potremmo definirle architettonicamente imprevedibili o organicamente architettate.
Pensato per la prima volta per l’area circostante il Bosco Verticale di Milano, questo progetto riporta alla memoria alcune sperimentazioni di architettura radicale. La presenza improvvisa di queste immagini tridimensionali all’interno di un ambiente disegnato in ogni singolo dettaglio – lo stesso Bosco Verticale è minuziosamente organizzato nella varietà di specie vegetali che crescono sulla sua superficie – apre la possibilità a caleidoscopiche variabili di visione, suggerisce forme nuove di coesistenza tra umano e vegetale, tra progettazione architettonica e sviluppo organico.
In agosto, grazie alla collaborazione con Like a little disaster e PANE project, Simone Berti decide di portare le Arboree Volanti a Polignano a Mare, invadendo questa volta spazi urbanisticamente molto diversi da quelli della città meneghina. Qui l’impianto scenografico della città è spontaneo e organico e le pitture-sculture virtuali si diffondono fino sulle scogliere carsiche della costa pugliese.
Con stupore scopriamo che le Arboree Volanti si muovono non solo sullo schermo del nostro smartphone ma da una città all’altra. Forse un giorno le vedremo popolare inaspettatamente anche altri luoghi, muovendosi come un germoglio di fagiolo in cerca di un supporto su cui arrampicarsi.

Arte e Critica, n. 95, autunno – inverno 2020, pp. 96-97.

Barbara Garatti
Barbara Garatti