Piero Gilardi. Dalla natura all’arte

Ciottoli di un letto torrenziale, pesche cadute dopo un temporale in un frutteto, gabbiani in volo sul mare, vegetazione bruciata di foreste incendiate, un sottobosco innevato, un campo di angurie, di mais o zucche, questi sono alcuni dei temi dei Tappeti-natura di Piero Gilardi.
Dalla metà degli anni ’60 a oggi, egli ha reso i Tappeti-natura (a metà strada tra pittura e scultura) un segno di riconoscimento del suo lavoro, un oggetto di riflessione per parlare di una natura intima e familiare che risuona in ognuno di noi collettivamente e personalmente.

 

Piero Gilardi, Dalla Natura all’Arte, veduta della mostra, Michel Rein, Parigi, 2020. Foto Florian Kleinefenn. Courtesy l'artista e Michel Rein, Paris/Brussels
Piero Gilardi, Dalla Natura all’Arte, veduta della mostra, Michel Rein, Parigi, 2020. Foto Florian Kleinefenn. Courtesy l’artista e Michel Rein, Paris/Brussels

 

Ben prima di certi problemi ecologici, che sono oggi al centro del nostro mondo attuale, Gilardi si preoccupava di rappresentare la natura non sotto forma di paesaggi ma piuttosto di frammenti, non attraverso una visione panoramica ma adottando uno sguardo orizzontale più vicino alle cose per mostrarci una natura (a volte addomesticata, a volte no) catturata nei suoi minimi dettagli e per attirare la nostra attenzione su ciò che non guarderemmo altrimenti.
Protagonista delle prime mostre di Arte Povera alla fine degli anni ’60, Gilardi ha privilegiato parlare della natura non utilizzando materiali elementari (acqua, terra, fuoco…), ma usando un materiale industriale e contemporaneo, il poliuretano espanso, che taglia, sistema, incolla e dipinge per rivelare una natura spinta oltre la realtà con i suoi colori brillanti, vibranti e gioiosi.

 

Piero Gilardi, Dalla Natura all’Arte, veduta della mostra, Michel Rein, Parigi, 2020. Foto Florian Kleinefenn. Courtesy l'artista e Michel Rein, Paris/Brussels
Piero Gilardi, Dalla Natura all’Arte, veduta della mostra, Michel Rein, Parigi, 2020. Foto Florian Kleinefenn. Courtesy l’artista e Michel Rein, Paris/Brussels

 

Da Piero Gilardi la natura si vive. Ci sediamo su dei tronchi d’albero (Aigues Tortes, 2007) per ascoltare i loro rumori, la indossiamo come un indumento da trasformare (Vestito-Natura Anguria; Vestito-Natura Sassi; Vestito Natura Betulle, 1967; OGM Free, 2014).
Il suo Igloo (1964), mostrato per la prima volta a Parigi, è un pezzo storico che deve essere letto nel desiderio di tornare a una forma primitiva di vita lontano dalle sfide della società dei consumi dell’epoca, problematica che condivide soprattutto con l’amico Pino Pascali (1935-1968).
Questa coscienza politica, che è al centro del lavoro di Gilardi, si esprime non solo nei suoi disegni, nei manifesti e nelle maschere con l’immagine dei politici prodotti ogni anno per la parata del Primo Maggio a Torino, ma anche in questa profonda riflessione di consapevolezza della natura che ha occupato l’artista per oltre cinquant’anni.

Arte e Critica, n. 95, autunno – inverno 2020, pp. 24-26.

 

Piero Gilardi, Dalla Natura all’Arte, due vedute della mostra, Michel Rein, Parigi, 2020. Foto Florian Kleinefenn. Courtesy l'artista e Michel Rein, Paris/Brussels
Piero Gilardi, Dalla Natura all’Arte, veduta della mostra, Michel Rein, Parigi, 2020. Foto Florian Kleinefenn. Courtesy l’artista e Michel Rein, Paris/Brussels
Piero Gilardi, Dalla Natura all’Arte, due vedute della mostra, Michel Rein, Parigi, 2020. Foto Florian Kleinefenn. Courtesy l'artista e Michel Rein, Paris/Brussels
Piero Gilardi, Dalla Natura all’Arte, veduta della mostra, Michel Rein, Parigi, 2020. Foto Florian Kleinefenn. Courtesy l’artista e Michel Rein, Paris/Brussels

Valérie Da Costa
Valérie Da Costa